Caso Moro, visioni, letture e ri-letture

Proprio alla vigilia della messa in onda della serie Esterno notte di Marco Bellocchio, ho scoperto la bellezza de Il dio disarmato di Andrea Pomella. E subito mi è tornata la voglia di leggere l’Affaire, Sofri e Flamigni

Torna prepotentemente d’attualità il Caso Moro. Proprio alla vigilia della messa in onda della serie tv Esterno Notte (che potete però vedere già da qualche giorno su RaiPlay), regia di Marco Bellocchio, con il presidente della Dc intrepretato da uno splendido Fabrizio Gifuni, il mio ispiratore (di chiamarlo amico non me la sento, ché non ci siamo mai visti di persona!) Gabriele Di Luca mi ha caldamente consigliato la lettura de Il dio disarmato di Andrea Pomella (Einaudi, 248 pagine), che sono subito corso ad acquistare. Be’, lo sto semplicemente divorando. La non fiction (o come chiamarla? Comunque, è bella, bellissima letteratura) di Pomella ricorda un po’ l’operazione condotta da Nicola Lagioia con La città dei vivi, romanzo dedicato all’assassinio di Luca Varani. Lo scrittore romano ha inframmezzato i capitoli dedicati alla sua “soggettiva” delle ultime ore di libertà (verrebbe da scrivere di vita) del cinque volte presidente del Consiglio di documenti dell’epoca (come la trascrizione del terribile servizio televisivo realizzato da Paolo Frajese pochi minuti dopo l’eccidio/rapimento di via Fani) e di epoche precedenti (ad esempio la triste vicenda dello stesso fondatore della Società della Gioventù Cattolica, poi Azione Cattolica, Mario Fani), al racconto delle stesse ore vissute dalle figlie di Moro Agnese e Maria Fida, a sopralluoghi attuali alla Camilluccia, poco più che semplici didascalie, che più dei mille saggi pubblicati in questi quasi quarantacinque anni ci danno il senso della sconfitta, dello svuotamento, dell’impoverimento consumato il 16 marzo ai danni della politica e della società italiana (e forse anche della stessa Roma).

Aldo Moro interpretato da Fabrizio Gifuni nella serie tv di Marco Bellocchio (Foto: Ufficio stampa Rai)

Qui mi fermo per non togliere ai miei cinque lettori il gusto di scoprire la bellezza de Il dio disarmato che, come dice lo stesso Gabriele, poco promosso dal suo stesso editore, avrebbe bisogno di uno di quei miracoli del passaparola per ottenere il successo che merita. Da parte mia, testimonio che la sua lettura, in concomitanza con la visione della serie di Bellocchio, mi ha fatto venire la voglia di riprendere in mano non solo l’Affaire del maestro Leonardo Sciascia, ma anche L’ombra di Moro di Adriano Sofri, La tela del ragno di Sergio Flamigni, financo A viso aperto di Renato Curcio, libri questi ultimi che avevo quasi dimenticato nella mia modesta biblioteca. Quasi.      

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