Cieco: l’ultimo, doloroso memoir di Fini

Ormai privo della vista, il grande giornalista e intellettuale racconta quello che la sua vita non sarà più: le rinunce, i ricordi (e la nostra speranza che possa ritrovare la forza per reagire)

Che Massimo Fini fosse destinato alla cecità lo sapevo da un pezzo, avendo letto (e indegnamente recensito) diverse sue opere (da La modernità di un antimoderno a Il giornalismo fatto a pezzi). Il suo ultimo memoir Cieco (Marsilio, 96 pagine) mi ha comunque molto impressionato. La stima che ho per Massimo, per il giornalista di razza ma anche per l’intellettuale e il saggista, mi ha giocato un brutto scherzo. Confidavo di leggervi che il nostro, malgrado una vista sempre più precaria, è pur sempre in grado di vedere meglio di tanti sapientoni che riempiono le pagine dei giornali, editorialisti, commentatori, notisti politici e via banalizzando. E ne sono pienamente convinto: Massimo, infatti, vi si definisce subito un voyeur compulsivo cieco, un po’ come Beethoven, che scrisse la nona ma non la poté ascoltare perché sordo. Non fosse che il libro altro non è che la constatazione di ciò che la vita di Massimo Fini era e – appunto a causa della cecità – non potrà essere più. Anzi, non è più già da anni, perché – manifestatosi a metà degli anni Ottanta – il glaucoma che adesso gli ha definitivamente tolto la vista in realtà costringe Massimo a rinunce da decenni: guidare la macchina (amava quelle veloci, non per esibirle, ma per l’ebrezza della strada che sopra i 200 km/h si fa stretta), leggere (privazione terribile per un giornalista e lettore da oltre 100 libri l’anno), financo scrivere, nell’impossibilità di sopportare l’ausilio di assistenti mai brave a sufficienza, per quanto disponibili.

Quanto pesanti gli risultino queste “condanne” si evince da queste parole dell’ex moglie: “Io potrei anche accompagnarti in giro e dirti quello che vedo e tu magari potresti scriverne. Ma quello che vedo io non è quello che vedresti tu”. Grande verità dietro la quale si nasconde il riconoscimento della grandezza di Fini. Attualmente apparentemente incapace di reagire alla malattia come ha fatto – a volte anche da incosciente – per anni. Ma il tempo, chissà, forse ce lo restituirà. I suoi appassionati lettori (e tra questi mi metto anch’io) avranno la pazienza di attenderlo.

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